Testi critici / Stampa

  • Il Realismo di Chinnici

    Il suo realismo…è dato proprio dalla capacità di esprimere il quotidiano per raccogliere sulla tela il succo di una sensazione, di una partecipazione a volte dolente, a volte nostalgica, a volte drammatica.

    Lucio Barbera

  • Chinnici in Sicilia

    Chinnici abita in Sicilia, in una piccola cittadina, ma credo che abbia un balcone segreto sulla marina, in quel lungomare arioso e colorato di blu che solo la Sicilia ha, in qualche campagna vicina, perché solo lui sa dare ai temi della sua arte le immagini e i significati più veri che nascono dal mare e dalla sua gente e dai paesaggi di una campagna opulenta e assolata. Le ultime opere presentate confermano dunque il Chinnici razionalista e nemico delle convenzioni estetiche, ma rivelano anche, a nostro parere, una compiuta tecnica espressionistica che sembra del tutto concludere, la esperienza artistica, iniziata con singolare passione tantissimi anni fa. Ci rendono perplessi, infatti, in queste ultime opere certe levigate superfici e la troppa cura del particolare richiama l’innato istinto del Chinnici come arredatore. Ciò senza voler considerare limite artistico ci rimanda però ad altri appuntamenti per bilanci o nuove prove.

    Mario Truscello

  • Il Maestro dei colori

    Chinnici è pittore di razza già da quando, giovanissimo il grande Salvatore Pugliatti, in un affollato Concorso estemporaneo di pittura lo distingue e gli assegna il primo premio, incoraggiandolo ad un cammino artistico che non svagherà mai dal rapporto tensivo col reale, sempre rappresentato con gagliarda ricchezza di temi e di colori. Da allora il pittore pur col riserbo che gli è proprio e la distanza dalle mode del figurativo contenutistico, si è inserito in qualificati ambienti artistici, non trascurando la partecipazione ai vari concorsi e seguendo il dibattito artistico. Personalmente seguo da qualche tempo il lavoro di questo artista e confesso che non lo attirano le strade confortevoli delle mode e degli sperimentalismi freddi e analitici; il suo fare artistico è a tutto tondo nella storia del realismo. Oggi il pittore, come osserva Lucio Barbera che l’ha presentato in catalogo, è giunto alla maturità espressiva in quel gusto della pittura quotidiana per il paesaggio e la vita della sua terra. Le sue esibizioni attuali permettono di – leggere – l’ostinata perseveranza artistica di Chinnici. Dai luoghi reali del paesaggio siciliano, infatti, (Spannocchiatrici – raccoglitrici di olive) a quelli immaginari (paesaggi di campagna – strade di collina) dove il linguaggio si fa creatività della realtà, egli soggiace alle seduzioni del cuore e della fantasia, alla naturale malinconia del siciliano, al senso della solitudine e alla pietà per le fatiche del vivere e il suo segno ne prende forza e vita, pathos e pietas. Simboli umani e mitici sono i suoi pescatori, i vecchi e le barche, i suoi umili in attesa. Questi ultimi lavori anzi annunciano la nuova stagione di Chinnici e sottolineano il suo stato di grazia. Di grande respiro ed impegno artistico, in comune sfondo immobile e carico di tristezza, la rappresentazione si fa amara e dolente e si esalta nei colori in toni assoluti si da dare ai soggetti una moderna luce caravaggesca. Il discorso figurativo qui abbandonando l’urgenza del dire tende ad un realismo di astrazione personale e la pienezza figurativa da conto dell’energia creativa. Energia che il critico Marcello Danzè ha individuato nell’Eros di – Dopo – una delle sue opere più celebri, in cui la fisicità degli amanti simili a figure michelangiolesche ed il colore modulatamente vibrante del rosso cinabro manifestano sentimento, vitalità, slancio. Inevitabilmente dunque il viaggio Chinnici intorno alla realtà , pieno di rischi e di pericoli felicemente azzerati, approda alla memoria del vero, alla metafora della realtà , ad – una sorta di racconto che va al di la delle immagini e che implica la partecipazione non soltanto dell’occhio ma del cuore -, in una compenetrazione sempre più intima e coinvolta tra vita, natura, arte.

    Mario Truscello

  • L.Chinnici

    La storia artistica di Lorenzo Chinnici inizia nel 1965, quando un critico d’arte di assoluto valore nell’estemporanea di centinaia di concorrenti gli attribuisce un premio, ammirato, certo, della maturità espressiva di un pensoso paesaggio siciliano che l’esordiente con segno deciso attraversava come in un profondo dialogo. Questo critico era Salvatore Pugliatti, cui non poco deve la cultura non solo della nostra città. Da allora, Chinnici non è cambiato se non nella perfezione del segno e del senso, e senza venir meno alla verità d’arte ha continuato le diverse tappe del suo lavoro e delle mostre che puntualmente avvengono anno dopo anno, in cui si intravedono le costanti di un’espressione artistica che sono l’essenzialità e la memoria testimonianza di un mondo che affonda fra le cose, come una terra promessa carica di concretezze e di segreti sensi che solo la sua pittura sa possedere. Straordinariamente, questo suo guardare ed essere partecipe dell’onda del tempo lo allontana dai convenzionalismi di tanta arte contemporanea, dal naturalismo fisico e contenutismo sociale per un respiro di cordialità umana della figurazione, schermo alla vita dura e del lavoro dei poveri diavoli, delle malinconie e degli incanti del vivere nella quotidiana commedia umana. La fisicità e l’accuratezza descrittiva sono, talora, un’ulteriore penetrazione a scandagliare l’umano, il vissuto, il sentimento, in sintonia coi toni cromatici, che, come alfabeto esterno ed interno, luce e spazio della realtà, rendono la felicità, il dolore, l’angoscia, la tristezza, la speranza della coscienza del mondo.
    Un artista, dunque, Chinnici, che ha una cifra stilistica sua, inconfondibile, originale per le traduzioni sulla tela che sa trovare, tanto che nessun critico, col ridicolo di sentirsi banale e di sbagliare, se l’è sentita di dare referenti appiccicati.
    Certo, il gusto di quest’artista è rivolto al realismo mediterraneo dei grandi siciliani, Guttuso per primo, ma l’ordito complessivo della pittura chinniciana richiama suggestioni di tutta la pittura novecentesca, una cultura che in Chinnici viene oltre che dal vissuto e dalla verità che è dentro in ciascuno di noi, dalle fantasticherie della sua raffinata sensibilità, dalle sue creature sospese tra epos e mytos nella cornice incantata di immagini contemplate. Vengono così i paesaggi, i ritratti, le scaglie di esistenza, come quelle di contadini, pescatori, amiche; variazioni dell’effuso mondo dell’uomo del nostro tempo, di ogni tempo. Il reale, in tal modo, tra creatività ed emozionalità, si ricompone nella pittura di Chinnici, che scavalca le stagioni, le mode e le date e riesce a rendere identiche le ragioni dell’occhio e del cuore con un magnetismo evocativo, che il sentimento concede ai valori espressivi degli autentici artisti.

    Mario Truscello

  • Il Realismo sfumato di Chinnici

    Visitando una mostra del maestro Chinnici ciò che risalta in primo piano, sono gli atteggiamenti di figure umane, colte in un momento di essenziale valore quotidiano, il lavoro soprattutto. Ma quel che prende gli occhi di chi se ne intrattiene a visitarli sono i loro soggetti, ben posizionati sulla tela, estratti alla nostra migliore pittura narrativa realistica. Se in taluni Chinnici dipinge un passato come energia perduta, non si tratta di civiltà contadina o di essere tradizionalista. Egli lo evoca per essergli fedele, farci ricordare che in esso v’è qualcosa di pregevole e sano, seppur composto di durezza e sacrificio, tale da non poter essere abbandonato a un presente invisibile e paranoico. Condivido pertanto, tra le note critiche che aprono il catalogo, quelle di M. Truscello che sottolinea un sentimento dell’autore partecipe dell’onda del tempo e tuttavia lontano da tanta arte convenzionale di oggi, come da contenutismo sociale e naturalismo fisico, per raggiungere nella sua figuratività umana un respiro di cordialità. Mi sono dato in effetti le stesse domande e risposte, scorrendo l’occhio da un quadro all’altro. Ho esaltato, più rispondenti alla mia sensibilità, le lavandaie mitiche di senza titolo, le contadine a lavoro, le donne al balcone, fino ai due anziani che si ritagliano una sorte d’isolamento-dialogo su una panchina, altrove inosservato o inesistente. Lo scorcio paesaggistico fa da supporter scenico esistenziale, di suggerimento, alle figure che vi stanno dentro. Così intente ad offrire (quel che più conta) nel gesto abituale, spontaneo una (tranche) di vita giornaliera o dramma. In ciò Chinnici è già poeta ancor prima che la sua mano afferri il pennello. Il (reale) della sua opera, a questo punto, è una realtà trascesa e trascendente (verbo che m’era venuto rapido osservando dall’inizio questa sua - esibizione personale -). Perché, per dedicargli una celebre nozione brechtiana, il realismo non sta nel come sono le cose ma come esse sono (veramente).

    Nino Cacia